Pubblicazioni - Editoria

Gazzetta del Sud, 31 gennaio 2012
di Emanuela Bambara

È una storia appassionante e coinvolgente, quella raccontata da Sandro Mayer e Osvaldo Orlandini ne "La Grande Storia di Padre Pio", pubblicata sul finire del 2011 da Cairo editore al prezzo popolare di euro 7,90.
Una favola epica, che narra, con semplicità e leggerezza, in un silenzioso sottofondo di melodiosa musicalità, una grande storia, appunto, una vita di santità: parole e opere e vicende, personali e storiche, del frate con la barba e le stimmate, gli occhi dolci e la voce burbera, che ha conquistato il mondo senza mai viaggiare.

Una storia che inizia ben due secoli orsono, nel lontano 25 maggio 1887, in un piccolo paese della campagna campana, Pietrelcina, in provincia di Benevento (precisamente, in rione Castello, in Vico Storto di Valle al numero 32) e si svolge perlopiù a San Giovanni Rotondo, in Puglia.
Il libro è, potremmo dire, un grande romanzo ambientato nel Sud d'Italia, con lo sguardo rivolto agli avvenimenti che hanno accompagnato il tempo e il mondo in cui è vissuto Francesco Forgione, a tutti noto come Padre Pio da Pietrelcina, il nome che prese nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, il 22 gennaio 1903, quando, all'età di quindici anni, Francesco morì al mondo per rinascere Pio nella famiglia francescana.
Pietrelcina – spiegano gli autori, rigorosi e leggiadri nella storiografia fin dalla prima riga – si chiamava Pietrapucina e, «nel giorno in cui comincia la storia, c'erano tremilaseicento abitanti, in gran parte contadini, braccianti e pastori. Non c'erano fabbriche e non c'erano strade asfaltate. La luce elettrica non era ancora arrivata, la stavano sperimentando solo nelle grandi città, anche se a Milano il Teatro alla Scala era stato già illuminato dalle lampadine, per la prima volta quattro anni prima». In provincia di Foggia, come nella maggior parte dei paesi del Meridione, «si faceva luce, di sera, solo con la fiammella dei lumi a petrolio» e «l'acqua si prendeva nei pozzi e si portava a casa nei secchi, al prezzo di mal di schiena». Il parroco era l'autorità del paese, perché, anche se nel 1861 era nato il Regno d'Italia, ancora fino a quel momento, nel territorio appartenuto allo Stato Pontificio, i cittadini obbedivano alle regole di Papa Leone XIII. Il giornale, qui, non arrivava. «E anche se fosse arrivato, non sarebbe servito: a parte il parroco e qualche benestante, nessuno degli adulti sapeva leggere», e a pochi importava, perché a nulla serviva nelle fatiche quotidiane, a chi si alzava al'alba per recarsi a lavorare i campi sulla mula, con un tozzo di pane nel fazzoletto, un pezzo di formaggio e un po' di vino, per arrivare a sera.
Questa era la vita di Grazio e Peppa Forgione, come di molte famiglie italiane, soprattutto meridionali, a quel tempo che diede i natali a San Pio. Lo stile narrativo fa tesoro dell'esperienza trasversale di Mayer e Osvaldini, direttore e vice del settimanale "Dipiù", uniti in un sodalizio professionale che dura da oltre vent'anni. Il tono è equilibrato, senza enfasi e senza apologia, senza retorica, ma vivido di entusiasmo, come il contenuto, scevro da polemiche e suggestioni scandalistiche e libero da indulgenti romanticismi miracolistici, pur tuttavia, coinvolgente e affascinante per la forza della cronaca e della testimonianza. Gli autori ci accompagnano discreti ed essi stessi stupiti nel quotidiano dell'esistenza ordinaria di una figura così straordinaria, qual è Padre Pio, mostrandocelo protagonista di una grande e bella favola umana, che, come ogni favola, conosce momenti felici e momenti tristi, la benevolenza e l'invidia, l'amicizia e l'ostilità, perfino dei confratelli, la gelosia, l'umiliazione, la stanchezza e il nervosismo, la malattia, l'ingiustizia e la giustizia e la misericordia, il bene e il male, i buoni e i cattivi, «le trame e le congiure dei potenti. e la luce che domina dall'alto tutti noi e resta accesa splendente». Così è per la "Grande Storia di Padre Pio" come per le grandi e piccole storie di tutti gli uomini e per la Grande Storia dell'Umanità.
Il "The End" del libro è segnato dalla scomparsa terrena di Padre Pio, il 23 settembre 1968, ma la Grande Storia del Frate non conosce fine. «Infatti – dicono gli autori nel congedarsi dai loro appagati lettori – questa storia è iniziata con "C'era una volta", perché è la favola della Fede. Gli eroi delle favole, tu lo sai, non muoiono mai, perché si tramandano di bocca in bocca per generazioni». Su Padre Pio molto è stato scritto e raccontato. La devozione al Frate di Pietrelcina è pari, in ogni continente, a quella per la Madre di Gesù, benché egli non si sia mai mosso dal convento se non in bilocazione. Eppure, c'è la sensazione, tra i fedeli, che molto altro ancora c'è da sapere e da scoprire. Ma, il libro di Mayer e Osvaldini vince il confronto con le biografie tradizionali ed è sufficiente per introdurre i lettori ad un grande storia d'Amore.

 

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