Presentazione del Calendario 2025 di Frate Indovino
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Personaggi - beati |
- Sinforiano Ducki (1888-1942)
- Fedele Chojnacki (1906-1942)
- Enrico da Krzysztofik (1908-1942)
- Floriano Stępniak (1912-1942)
Nella liturgia vengono ricordati il 12 giugno
1. Beato Sinforiano Ducki: "LA BENEDIZIONE DI UN MARTIRE"
Nacque il 10 maggio 1888 a Varsavia da Giuliano Ducki e Marianna Lenardt. Al battesimo, celebrato il 27 maggio seguente, ricevette il nome di Felice (Feliks). Frequentò le scuole elementari nella nativa Varsavia.
Quando nel 1918 i cappuccini fecero ritorno al proprio convento, abbandonato in seguito alla soppressione zarista del 1864, Felice, "definendosi aspirante di vecchia data all'Ordine", si unì a loro, prima come aspirante, rendendosi utile alla riorganizzazione del convento; e poi come postulante, nel giugno del 1918. Dopo un biennio di prova, il 19 maggio 1920, iniziò a Nowe Miasto, con il nome di Sinforiano, il noviziato, che concluse il 20 maggio 1921 con la professione temporanea. Terminato l'anno dì noviziato, si dedicò al servizio fraterno nei conventi di Varsavia, di Lomza ed ancora di Varsavia (dal 27 maggio 1924), fino alla professione solenne, il 22 maggio 1925.
A Varsavia svolse prima la mansione di fratello questuante, impegnandosi nella raccolta di offerte per la costruzione del seminario minore di San Fedele e poi fu nominato, per diversi anni, fratello compagno del ministro provinciale. Di carattere semplice e amichevole, facilmente conquistava la simpatia del popolo e nuovi amici all'Ordine. Nonostante la sua vita molto attiva tra la gente, non perse mai lo spirito di preghiera e di devozione, distinguendosi per una preghiera devota e fervorosa. Era stimato dagli abitanti della capitale.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale si adoperò per non far mancare il necessario né ai suoi frati né ai bisognosi fino al 27 giugno del 1941, giorno in cui la Gestapo arrestò tutti i 22 cappuccini del convento della capitale. In un primo tempo Sinforiano fu internato nella prigione di Pawiak, e poi, il 3 settembre ad Auschwitz. Di costituzione robusta, soffrì più degli altri la fame e le persecuzioni, sopportando tutto in silenzio. Le misere razioni fornite dai tedeschi, infatti, non coprivano nemmeno un quarto del fabbisogno dell'organismo di un uomo normale. Dopo sette mesi fu condannato a una morte lenta.
Una sera, mentre i tedeschi avevano iniziato a trucidare in modo bestiale i prigionieri, fracassando loro la testa a manganellate, Sinforiano li affrontò facendo su di loro il segno della croce. Il testimone oculare e compagno di prigionia, Czeslaw Ostankowicz, dichiara che ci fu un attimo di sbigottimento, seguito dall'ordine di bastonarlo. Fra Sinforiano fu colpito da una manganellata in testa e stramazzò al suolo, ai piedi dei tedeschi, fra loro e i prigionieri. Poco dopo ebbe la forza di risollevarsi e rifece il segno della croce. Fu allora che lo assassinarono. Era l'11 aprile 1942. La morte dì Sinforiano mise fine alla tremenda esecuzione che i tedeschi stavano perpetrando e una quindicina di prigionieri si salvò grazie al suo intervento. Questi caricarono con grande venerazione la salma di fr. Sinforiano insieme alle altre sul carro che le avrebbe portate al forno crematorio. Con il suo martirio Sinforiano ha dimostrato grande eroismo, ha professato la fede nella SS. Trinità, e ha salvato la vita a molti compagni di sventura.
2. Beato Fedele Chojnacki: "STUDENTE MARTIRE"
Nacque a Lódz la festa di Ognissanti del 1906, ultimo di sei fratelli. Al battesimo, impartitogli tre giorni dopo, i genitori Waclaw e Leokadia Sprusinska gli imposero il nome di Hieronim (Gerolamo).
In famiglia ricevette un'educazione religiosa esemplare, frequentando la sua parrocchia di S. Croce. Terminata la scuola superiore, si iscrisse all'accademia militare. Finiti gli studi, non riuscì a trovare un lavoro. Grazie all'aiuto di parenti, per un anno lavorò a Szczuczyn Nowogrodzki presso l'Istituto della Previdenza Sociale (ZUS) e successivamente lavorò alla Posta Centrale di Varsavia. Era un impiegato molto apprezzato per la sua affidabilità. Nel frattempo, insieme allo zio, p. Stanislao Sprusinski, collaborava alla gestione dell'Azione Cattolica.
Si occupò della campagna contro l'alcool, essendo egli stesso astemio. Operando all'interno dell'Azione Cattolica, avvertì il bisogno di un approfondimento della vita interiore. Entrò dunque nel Terz'Ordine di S. Francesco presso la chiesa dei cappuccini a Varsavia. Le sue nobili doti di carattere gli guadagnavano la fiducia della gente, riuscendo anche a riconciliare persone in discordia. In quel tempo fece amicizia con il Beato Aniceto Koplin, famoso questuante di Varsavia. I rapporti costanti con i cappuccini suscitarono in lui la vocazione religiosa.
Il 27 agosto 1933, a Nowe Miasto, ricevette l'abito cappuccino e il nome religioso di Fedele. Nonostante i suoi 27 anni e l'esperienza di vita, denotava grande disponibilità e semplicita, mantenendo piacevoli rapporti con tutti. Nel periodo del noviziato si preoccupò di conoscere i principi della vita interiore e si dedicò con impegno al proprio perfezionamento spirituale.
Emise i voti temporanei il 28 agosto 1934 e partì per Zakroczym per studiare filosofia. Qui, con il consenso dei superiori, fondò un Circolo di Collaborazione Intellettuale per i seminaristi. Continuò ad occuparsi del problema dell'astinenza dall'alcool e fondò un Circolo degli Astemi. Inoltre cooperò con il Terz'Ordine francescano.
All'inizio del 1937 superò con un'ottima valutazione l'esame finale di filosofia. Il 28 agosto 1937 emise i voti perpetui. In seguito studiò teologia presso il convento di Lublino. Alla scoppio della seconda guerra mondiale frequentava il terzo anno di teologia. In una lettera del 18 dicembre 1939 manifestò allo zio, p. Stanislao Sprusinski, un certo sconforto e abbattimento per il fatto di non poter vivere e studiare normalmente.
Un mese dopo le festività natalizie del 1939, il 25 gennaio 1940, venne arrestato e internato nel carcere del Castello di Lublino. Sopportò con serenità e addirittura con un certo buon umore le dure condizioni carcerarie, la mancanza di moto, di spazio e di aria. Dopo 5 mesi, il 18 giugno 1940, fu trasferito insieme a tutto il gruppo nel campo dì concentramento dì Sachsenhausen, nei pressi di Berlino. Si trattava di un lager modello, di vero stampo prussiano, specie nella disciplina e nell'ordine, finalizzato all'annientamento dell'individuo. Qui Fedele perse il suo ottimismo. Il trattamento disumano dei prigionieri lo scioccava, inducendolo al pessimismo.
Il 14 dicembre 1940, con un convoglio di preti e religiosi, venne trasferito al campo di concentramento di Dachau, vicino a Monaco di Baviera, dove il suo stato d'animo peggiorò ulteriormente. Gli fu impresso sul braccio il numero di matricola 22.473. Le notizie delle continue vittorie del fronte militare tedesco non facevano intravedere ai prigionieri alcuna speranza di uscire dal campo. La fame, il lavoro e le persecuzioni pesavano sempre di più. "La capacità di cavarsela, l'energia vitale l'avevano abbandonato". Il lavoro molto superiore alle sue forze, la fame, la penuria di indumenti, procurarono a fr. Fedele una grave malattia polmonare.
Una mattina d'inverno del 1942, mentre trasportava insieme a un compagno un pesantissimo pentolone di caffè dalle cucine, scivolò, rovesciò il caffè bollente, provocandosi gravi bruciature. La dura punizione a cui lo sottopose il capoblocco debilitò ancor più la sua psiche. Fra Gaetano Ambrozkiewicz, compagno dì sventura nel lager, narra così l'addio di fr. Fedele: "Non dimenticherò mai quella domenica pomeriggio dell'estate 1942 quando fr. Fedele lasciò la nostra baracca 28 per trasferirsi nel blocco degli invalidi. Era stranamente così quieto e assorto, negli occhi aveva persino dei riflessi di serenità, ma erano ormai riflessi non di questo mondo. Ci baciò tutti, congedandosi con parole di s. Francesco e dicendo "Sia lodato Gesù Cristo, arrivederci in cielo".
Poco tempo dopo, il 9 luglio del 1942, si spense nell'ospedale del campo. Il corpo venne arso nel forno crematorio.
3. Beato Enrico da Krzysztofik: "SULLA CROCE INSIEME A CRISTO"
Enrico (Henryk) nacque il 22 marzo 1908 da Giuseppe e Francesca Franaszczyk, nel villaggio di Zachorzev. Fu battezzato nella parrocchia di Slawno (diocesi di Sandomierz - Polonia) il 9 aprile 1908 con il nome di Giuseppe.
Terminata la scuola primaria nel 1925. si presentò al Collegio di S. Fedele dei Cappuccini di Lomza, dove frequentò due classi. Quindi si rivolse all'Ordine dei cappuccini del commissariato di Varsavia. Il 14 agosto del 1927, presso il convento di Nowe Miasto, vestì l'abito cappuccino e prese il nome religioso di Enrico. Un anno più tardi, il 15 agosto 1928, emise i voti temporanei. In seguito fu mandato in Olanda, presso il convento cappuccino della Provincia di Parigi, a Breust-Eysden. Trascorsi i due anni di filosofia, fu inviato a studiare teologia a Roma, dove il 15 agosto 1931 emise i voti perpetui e il 30 luglio 1933 fu ordinato sacerdote. Per incarico dei suoi superiori, proseguì gli studi presso la facoltà di teologia dell'Università Gregoriana, risiedendo nel Collegio Internazionale S. Lorenzo da Brindisi dei cappuccini. Nel 1935 conseguì la licenza in teologia.
Ritornato in Polonia, fu destinato al convento di Lublino, dove insegnò teologia dogmatica presso il locale seminario religioso cappuccino. Di lì a poco fu nominato rettore dello stesso seminario e vicario del convento. Nella chiesa del convento spesso predicò con grande passione spirituale e fervore interiore. La seconda guerra mondiale, scoppiata il 10 settembre 1939, lo sorprese mentre attendeva a questi incarichi.
Il guardiano del convento lublinese, Gesualdo Wilem, un olandese (in quel periodo i cappuccini polacchi erano aiutati dai cappuccini provenienti dall'Olanda), dovette rinunciare alla carica di superiore e fu costretto a lasciare la Polonia. Enrico fu allora nominato guardiano del convento. In qualità di guardiano e contemporaneamente di rettore del seminario, venne a trovarsi in una posizione molto delicata. A causa della guerra, in seminario le lezioni per l'anno accademico 1939-1940 iniziarono in ritardo. Il clima era estremamente inquieto e teso. Le truppe tedesche si abbandonavano alla ferocia e gli arresti si susseguivano senza interruzione. In questo clima sfavorevole Enrico cercò di rasserenare i suoi seminaristi.
Il 25 gennaio 1940 la Gestapo tedesca arrestò 23 cappuccini del convento di Lublino e fra loro il superiore, fr. Enrico Krzysztofik. Il primo luogo della loro prigionia fu il Castello di Lublino, mentre si attendeva che ci fosse posto in carcere.
Enrico disse: "Fratelli, fintantoché abbiamo la mente lucida formuliamo questo buon proposito: Qualunque cosa ci capiterà in futuro, qualunque cosa ci accada, ciascuno di noi ne faccia offerta propiziatoria a Dio".
Durante tutto il periodo trascorso in carcere fu premuroso con tutti. Fece in modo che all'alba fosse celebrata la s. Messa. Il 18 giugno 1940 fu tradotto, insieme a tutti i confratelli, al campo di concentramento di Sachsenhausen, presso Berlino. Là "in condizioni ben peggiori, si ricordò di ciascuno di noi", - scrive uno di quelli che condivise il destino del campo, il defunto fr. Ambrogio Jastrzebski. Quando nell'autunno del 1940 ricevette per primo dei soldi, comprò nello spaccio del campo due pagnotte, le spartì in 25 porzioni -tanti erano i cappuccini - e disse: "Su, fratelli, cibiamoci dei doni del Signore. Servitevi fintanto che ce n'è...". Il già citato fr. Ambrogio definiva così quel gesto fraterno: "Un nobile gesto, il tuo, che è in grado di apprezzare solo chi è stato in campo di concentramento e sa quanta abnegazione, diciamo pure eroismo, ci voglia per distribuire due pagnotte quando si è affamati e le si divorerebbe subito da soli!".
Il 14 dicembre 1940 Enrico, insieme al resto dei confratelli, fu trasferito nel campo di concentramento di Dachau, dove ricevette il numero di matricola 22.637. Nella dura vita del campo non si risparmiò mai. Pur essendo egli stesso debole e malfermo sulle gambe, aiutava gli altri più deboli, soprattutto i più anziani. Sopravvisse in campo di concentramento solo fino all'estate del 1941. Nel luglio del 1941, data la sua completa spossatezza che gli impediva ormai di camminare da solo, fu consegnato all'ospedale del campo, il che equivaleva a una condanna a morte. Di là fece recapitare ai propri allievi chierici un messaggio segreto, riportato poi a memoria da uno dei destinatari, fr. Gaetano Ambrozkiewicz: "Cari fratelli! Sono in corsia nel blocco 7. Sono paurosamente dimagrito perché disidratato. Peso 35 chili. Fanno male tutte le ossa. Sono disteso sul letto come sulla croce insieme a Cristo. E mi è grato essere e soffrire con Lui. Prego per voi e offro a Dio queste mie sofferenze per voi".
Morì il 4 agosto del 1942 e fu bruciato nel forno crematorio del campo 12.
4. Beato Floriano Stepniak: "SOLE DEL CAMPO"
ll beato Floriano nacque a Zdzary, nei pressi di Nowe Miasto, il 3 gennaio 1912. I suoi genitori erano contadini e si chiamavano Paolo e Anna Misztal. Ricevette il battesimo il 4 gennaio 1912, con il nome di Giuseppe. La madre morì quando egli era ancora piccolo. Il padre si risposò. Terminata la scuola primaria a Zdzary, avvertì un forte desiderio di studiare e di diventare cappuccino. Grazie ai cappuccini di Nowe Miasto ultimò la scuola secondaria superiore e, successivamente, nel 1927, gli studi nel Collegio di S. Fedele dei cappuccini di Lomza. Di capacità mediocri, suppliva alle carenze con la diligenza e la laboriosità. Un suo compagno di studi, fr. Gaetano Ambrozkiewicz, lo descrive cosí: "Un'anima santa. Solidale, franco, allegro, eppure già allora un po' diverso da noi, ragazzi giocherelloni e con la testa fra le nuvole". Aderì al Terz'Ordine di S. Francesco quand'era allievo del ginnasio. In seguito si rivolse all'Ordine dei cappuccini di Nowe Miasto, presso i quali iniziò il noviziato il 14 agosto del 1931 e, insieme all'abito religioso, ricevette il nome di Floriano. Nel noviziato si distinse per il suo zelo, la generosità e la devozione.
Fece la professione temporanea il 15 agosto 1932. Dopo aver terminato il corso di filosofia, il 15 agosto 1935 emise la professione perpetua. Continuò gli studi teologici a Lublino.
Terminati questi, fu ordinato sacerdote il 24 giugno 1938. Dopo di che venne inviato alla Facoltà di Teologia dell'Università Cattolica di Lublino per studiare Sacra Scrittura. Allo scoppio della guerra, il 1° settembre 1939, si trovava a Lublino In quei giorni e mesi cruciali non abbandonò il convento al pari di altri, ma continuò coraggiosamente a confessare i fedeli. Per via delle persecuzioni, molti ecclesiastici si nascondevano e non c'era chi potesse seppellire i morti. Floriano se ne incaricò con grande coraggio e generosità. Non fece altro, in realtà, che mettere in pratica quella frase programmatica della vita religiosa che aveva apposto di suo pugno sulla immaginetta dell'ordinazione sacerdotale: "Siamo pronti a darvi non solo il Vangelo, ma la nostra stessa vita". Una frase che esprimeva l'essenza della sua vita.
Non ebbe modo di operare a lungo a Lublino. Il 25 gennaio 1940, insieme a tutti i frati del convento, fu tratto in arresto dalla Gestapo e imprigionato nel Castello cittadino. L'arresto fu per lui uno schock, ma non crollò e non perse l'ottimismo e l'allegria che, in lui, erano innati. Il 18 giugno 1940, insieme ad altri confratelli, fu tradotto al campo di concentramento di Sachsenhausen. vicino a Berlino. Anche qui non perse il suo bonumore, benché la vita dei lager fosse così terribile. Il 14 dicembre 1940 fu trasferito al campo di concentramento di Dachau, dove gli fu dato il numero di matricola 22.738. I suoi confratelli prigionieri lo chiamavano "padre spirituale" del blocco dei condannati e "sole del campo".
Il freddo lo afflisse fino a minare il suo organismo. Era un uomo di struttura forte e robusta, quindi necessitava di molto nutrimento. Alla debilitazione per fame si aggiunse la malattia. Nell'estate del 1942 si ammalò e fu ricoverato nell'ospedale del campo, la cosiddetta "corsia". In quel periodo tutti gli inabili al lavoro e gli infermi venivano destinati, come invalidi, al trasferimento dove c'erano "condizioni migliori". Lì venne destinato anche Floriano. Dopo alcune settimane, nonostante le razioni da fame e la degenza in ospedale, si rimise a sufficienza e fu dimesso. Ma non fu riportato nel suo blocco. In quanto convalescente fu trasferito nel blocco per gli invalidi (numero 29, dispari). Così ricorda il comportamento di fr. Floriano il suo compagno di sventura nel lager, fr. Gaetano Ambrozkiewicz:
"Alcuni amici sacerdoti, riusciti a scampare al blocco invalidi, narrarono che fr. Floriano Stepniak aveva portato la luce a quell'infelice baracca. Gli uomini chiusi là dentro erano destinati a morire.
Morivano di stenti a decine e numerosissimi venivano condotti via a gruppi non si sa dove. Soltanto in seguito si seppe che venivano eliminati nelle camere a gas nei dintorni di Monaco. Chi non ha provato il lager non ha idea di cosa significasse per quella gente, solo pelle e ossa del blocco degli invalidi, immersa in un'atmosfera di morte, una mite parola di conforto; che cosa potesse rappresentare per loro il sorriso di un cappuccino ridotto allo stremo come loro".
Quando venne la volta della lettera "S" (il cognome era Stepniak), Floriano fu condotto al reparto degli invalidi, nonostante si sentisse ormai bene e fosse in grado di tornare ai lavoro. Fu ucciso con il gas il 12 agosto del 1942. Il corpo fu con ogni probabilità cremato nei forni. Le autorità del campo recapitarono ai genitori, a Zdzary, l'abito, avvertendoli malignamente che il figlio Giuseppe era morto di angina.